La morte di Carlo e la sentenza della Corte Europea
LA MORTE DI CARLO GIULIANI E LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA
di Ezio Menzione
Anche la Corte Europea, con una sentenza pubblicata ieri, si è espressa sostenendo che il carabiniere Placanica, in quell’ormai lontano 20 luglio 2001, durante il G8, avrebbe agito per legittima difesa quando sparò ed uccise Carlo Giuliani.
Strasburgo come Genova: non c’è un giudice a Berlino, verrebbe fatto di dire.
E’ così, indubbiamente. Anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è immune da pressioni politiche; è ben lungi dal non praticare compromessi; conosce bene fin dove può spingersi senza troppo infastidire gli stati membri.
Eppure sono convinto che tutto sommato i giudici europei si siano spinti laddove la magistratura genovese non ha nemmeno inteso affacciarsi.
La sentenza si muove su tre capisaldi:
Primo. Placanica ha sparato per legittima difesa e comunque aveva il diritto di farlo. E’ la stessa ipotesi su cui si mosse il Giudice genovese che archiviò la posizione del carabiniere. Conclusione non condivisibile, viste le risultanza dell’indagine (quella di allora e quel tanto di verità che sul punto è emerso successivamente) che la famiglia Giuliani e per loro l’Avv.Niccolò Paoletti aveva esposto con chiarezza alla CEDU. Per lo meno, però, la CEDU fa piazza pulita dell’ipotesi del proiettile vagante che impatta in un calcinaccio volante. Non ci credeva nessuno già allora. Ora possiamo dire fondatamente che si tratta di una frottola. Placanica ha sparato e non poteva non calcolare che sparando in quel modo e in quel contesto avrebbe ammazzato qualcuno.
Naturalmente, come alcuni hanno ipotizzato, anche qualcun altro può avere sparato in quegli attimi, e Placanica ha fatto da capro espiatorio. La sentenza della CEDU non prende nemmeno in considerazione questa ipotesi.
Secondo. Ma ciò rimanda ad un secondo punto importantissimo: la CEDU censura la magistratura italiana per avere frettolosamente chiuso il caso, laddove – come ha sempre chiesto la famiglia Giuliani – soltanto un processo dibattimentale avrebbe consentito di far luce sui mille aspetti oscuri della vicenda.
E’ questo senz’altro il punto più importante della sentenza. Su questo fronte Haidi e Giuliano escono vittoriosi.
Terzo. Comunque la morte di Carlo è da ricondursi ad una serie di carenze organizzative, indicazioni e comandi contraddittori, insomma una gestione carente e colpevole dell’ordine pubblico nei giorni del G8 genovese. Non è una novità, a dire il vero. Si poteva addirittura parlare di volontà precisa di affossare l’intera Genova nel caos e nel dramma. Già le tre sentenze di primo grado genovesi (quella contro i 25 manifestanti, quella su Bolzaneto e quella sulla Diaz) avevano sottolineato o almeno rimandato a questi aspetti. Che tutto ciò sia riconosciuto da una Corte internazionale non è però privo di importanza.
La Corte ne ha fatto discendere addirittura una multa contro il governo italiano a favore dei Giuliani. Insomma, se le cose fossero state organizzate meglio e non si fosse contribuito ad esasperare fatti e toni, Carlo con ogni probabilità non sarebbe morto. Non è molto, diciamolo pure, a 8 anni di distanza dai fatti; ma è senz’altro una condanna politica per chi – soprattutto, ma non solo, a destra – ha sostenuto che tutto in quei giorni era sotto controllo e che il macello fu dovuto solo ai black block e ai manifestanti violenti.
La sentenza CEDU, per come ricostruisce i fatti, autorizza la famiglia Giuliani a chiedere comunque i danni per la morte di Carlo con un altro processo in sede civile. Non sappiamo se Haidi e Giuliano vorranno intraprendere questa ulteriore battaglia: non si può chiedere anche questo a due persone da 8 anni in prima fila nel ricercare la verità sulla tragedia che li ha investiti, e che assieme a loro ha investito tutti noi; c’è un limite a tutto. Ma se vorranno affrontare anche questa battaglia, troveranno sostegno fra chi non dimentica quel venerdì pomeriggio di luglio nel 2001.