alias del 3/4/2010 - Augusto Frezza - Tra l'asilo e la caserma
Qualcosa in me cambia il giorno dei funerali di stato per i nostri 309 morti. Prima, fino a quel giorno, ci eravamo quasi sentiti dei miracolati: a Villa Sant'Angelo, un paese distante pochi chilometri dall'Aquila, dov'ero finito con la mia compagna, c'era la protezione civile dell’Emilia Romagna e il campo che avevano messo su era ben organizzato: buon cibo, bagni puliti, docce con acqua calda.. e in tenda è una ficata: la terra continua a tremare ma ti senti al sicuro, protetto. Ciò nonostante l'insofferenza cresce, col passare dei giorni e alcune cose cominciano ad andarmi di traverso. Ma è il giorno dei funerali che mi allontano, definitivamente, da quella sensazione di beneficiato dagli eroi che arrivano da tutta Italia, in polo blu, come il loro onnipresente capo: ci sono le esequie di stato, le autorità permetteranno l’accesso alla caserma massimo a tre familiari per vittima, ci dicono. E' il primo smacco per gli aquilani che avrebbero voluto portare l’estremo saluto a parenti, amici, conoscenti e concittadini. Non vado in quell’oceano di dolore. Aspetto le salme a Villa. Dopo tre ore, la diciottesima salma ancora non arriva. Nell’enorme caos organizzato dalla Protezione Civile per dei funerali trasformati in show, invece che a Villa S. Angelo, il cassamortaro si è diretto a Città S. Angelo, vicino Pescara, a cento chilometri da qui.
Il vento è freddo. Passano pochi giorni e arriva la novità del tesserino. Da tenere bene in mostra all’ingresso al campo. Non ce la faccio ad esibirlo, ogni volta che entro mi invento una scenetta. Come me fanno tutti, difficile abituarsi alla nuova vita, figuariamoci anche a questo tipo di controllo continuo. Vorremmo solo ritrovare un po' di normalità. Le regole cambiano di ora in ora, non fai in tempo a impararne alcune che già ce ne sono decine di altre. Ancora pochi giorni e si passa al tesserino con foto. Ma nemmeno con questo puoi muoverti liberamente;:controlli ovunque, camionette, pattuglie, militari con pistola bene in vista con quel vezzoso modo di portarla piuttosto calata sul pantalone e il laccetto a tenerla. Scene di guerra a cui ti abitui lentamente, e questa èp la cosa peggiore. Quelli che non ci stanno alzano la voce ma il mantra della sicurezza è iniziato a penetrare nelle menti fiaccate dallo stress e dal dolore. E’ per gli sciacalli, ti dicono candidi, ma quali sciacalli? In tutti quei giorni vengono sorpresi due, due tizi a rubare un po’ di rame! Solo molti mesi dopo gli aquilani cominceranno a capire che gli sciacalli, quelli veri, stavano già ricostruendo la nostra città. Purtroppo invece non si sentono tali coloro che hanno innalzato i prezzi delle case in affitto a livelli mai raggiunti prima.
All'inizio siamo in pochi a sentire che la nostra città è diventata un’enorme caserma. Ma poi, man mano che i divieti si moltiplicano, comincia a montare la rabbia. E qualcuno addirittura abbozza una qualche forma di resistenza: volantini, iniziative, film, manifestazioni. Ci proviamo, ma entrare nei campi per volantinare o pubblicizzare le iniziative è quasi sempre vietato. I mesi nelle tendopoli se ne vanno così: a litigare con i capi campo per ottenere ciò che per gli altri cittadini italiani è normale, niente più che elementari diritti. Personalmente, porto avanti la mia opera di disobbedienza: fino all’ultimo dei giorni trascorsi al campo mi rifiuto persino di farmi la foto. Me lo posso permettere, però, perché sapendo che sono un avvocato non insistono. Eppure attorno a me ne vedo di ogni colore: grottesco, per esempio, quel che accade alla Claudia, italovenezuelana e originaria proprio di Villa, amica di infanzia del sindaco. Qui tutti la conoscono ma una sera all'ingresso della tendopoli non la fanno entrare, non ha il tesserino, batti e ribatti non sentono ragioni. Alza la voce, è tardi, si avvicina qualche paesano che costringe il capocampo alla resa. Due ore per riuscire a rientrare nella sua tenda e andare a dormire e, il giorno dopo, doversi pure sentire il suo amico sindaco giustificare le ragioni di certi incomprensibili atteggiamenti.
Le cose però peggiorano quando si avvicina il G8: nei campi vengono vietati il caffè e la cioccolata. Rischio nervi tesi, dicono. Sono piccoli odiosi atti che non sono né annunciati nè discussi né spiegati. La possibilità per addetti della Protezione civile di poter emanare direttive, ordinanze e circolari, è totale. Ma ancora più spesso accade che i divieti, le regole che mutano in continuazione, non siano nemmeno codificate, non uno straccio di testo che permetta a noi avvocati di poter intervenire, fare ricorso, opporsi. Un’arbitrarietà odiosa e fastidiosa che rende tutti noi cittadini figli immaturi in una grande famiglia dove non è prevista partecipazione alcuna ai processi decisionali.
E’ estate, il G8 della Maddalena è stato spostato all’Aquila; Gilberto Pagani è il presidente del Legal Team Italia, avvocati ed operatori di diritto da sempre impegnati a cercare di limitare soprusi, violenze e la violazione dei più elementari diritti che spesso accompagnano i raduni collegati a questo evento. Per l’arrivo del circo del G8, il Legal Team contatta gli avvocati aquilani. Il giorno della manifestazione conclusiva arrivano colleghi da tutta Italia e rimangono colpiti più di noi per il clima che si vive all'Aquila, con quasi tutti i comitati, le associazioni e le realtà locali che oppongono un brusco stop alle varie forme di protesta, adducendo la giustificazione che ci troviamo in una città ferita e che non è il caso di creare scompiglio e alienarsi le simpatie degli aquilani. Ma alla fine un corteo, imponente e variegato, percorrerà l'unica arteria stradale che da Paganica porta alla Villa dell'Aquila. Organizzato dai Cobas, Rdb-Cub, Rete nazionale No-G8, e con l'adesione di un unico comitato cittadino aquilano: Epicentro solidale. E’ l’inizio. A fine ottobre, il Legal Team è il primo, in Italia, a lanciare il grido d’allarme per lo scempio di una protezione civile che si vuole trasformare in Spa. In un convegno, che si avvale tra gli altri degli interventi del professor Giovanni Incorvati e dell’avvocato Ezio Menzione, (come raccontò il manifesto, unico tra i quotidiani nazionali ad occuparsene) cerca di aprire gli occhi ancora socchiusi degli italiani sul sistema dei cosiddetti grandi eventi, sulle ordinanze e sul paradigma dell'emergenza. Prima che l'inchiesta fiorentina, tramite le intercettazioni, svelerà al mondo i segreti della “cricca della Ferratella”. Il resto…è cronaca giudiziaria.