Dal Manifesto - Ezio Menzione sulle sentenze d'appello di Genova
Le tre sentenze d’appello di Genova sul G8
di Ezio Menzione
25 condannati su 26 imputati per la “macelleria cilena”, come fu definita, da uno degli stessi imputati, quella tragica notte nella scuola Diaz, quando la polizia, apparentemente senza alcun motivo, assaltò l’edificio in cui stavano ormai dormendo cento esausti manifestanti, dopo due drammatiche giornate in cui avevano dovuto subire violenze e arresti per le vie di Genova. E assaltò anche l’edificio di fronte, la scuola Pascoli, dove avevano sede le associazioni che organizzarono il Genoa Social Forum.
Siamo alla terza sentenza importante emessa dalla Corte d’Appello di Genova per ciò che accadde attorno al G8 genovese alla fine del luglio 2001 ed essa ha portato alla condanna con pene significative (anche se “mangiate” dall’indulto o dalla prescrizione) non solo dell’ispettore Canterini e dei suoi “boys” della squadra speciale che fece materialmente l’irruzione (già condannati in primo grado), ma anche di tutti gli altri imputati (meno uno), compresi – praticamente il primo caso in Italia – i gradi intermedi della filiera di comando dell’operazione e di tutti coloro che si dettero d’attorno per firmare arresti ingiustificati e quindi falsi o si inventarono di sana pianta alcuni fatti come attribuire agli ignari manifestanti all’interno dell’edificio il possesso di tre bottiglie molotov o l’aggressione con un coltello ad un agente. Insomma, la linea di difesa dei poliziotti è stata del tutto sbugiardata e le loro responsabilità sono state pienamente riconosciute.
Sono passati 9 anni da quando gli “8 grandi” si riunirono a Genova nei loro palazzi blindati, mentre centinaia di migliaia di manifestanti si riunivano per contestare sia la loro titolarità a prendere decisioni per l’intera umanità che le linee stesse di tali scelte. Fu, in pratica, l’ultimo G8. Da allora – grazie anche a quella contestazione – risultò chiaro quanto meno che così pochi non potevano decidere per tutti. Nel corso di questi 9 anni il numero di convitati a simili simposi si è andato allargando e oggi nessuno potrebbe pensare di decidere qualcosa senza Cina o India o Brasile e altri ancora. Lo slogan di allora, “Voi 8, noi tre miliardi”, evidentemente coglieva nel segno. Così come coglieva nel segno l’analisi di allora, quella fatta a caldo: a Genova in quei giorni si era sospeso ogni diritto individuale e collettivo, la democrazia in quel luogo, in quei momenti era stata annullata e calpestata. Aggiungiamo che, fortunatamente, dopo di allora ciò non è più accaduto e anche questo, forse, in parte almeno, è il risultato positivo delle denunce di allora. Tanto più positivo perché questi 9 anni, invece, sono stati caratterizzati dall’erosione della nostra democrazia. Ma erosione non è uguale ad azzeramento.
I fatti di allora sono ormai cristallizzati in 6 sentenze di merito (tre di primo e tre di secondo grado) che riguardano il comportamento in piazza dei manifestanti (più esattamente di 25 manifestanti), l’assalto della polizia alla scuola Diaz e le violenze su cittadini inermi detenuti a Bolzaneto. La ricostruzione operata da queste sentenze ben difficilmente potrà essere grandemente modificata in futuro dal punto di vista giudiziario. Chi andrà in Cassazione, siano manifestanti o poliziotti, potrà ottenere l’annullamento di una sentenza o di parte di essa per motivi di diritto, ma la ricostruzione quella è e quella rimarrà.
Ma questa ricostruzione storico-giudiziaria corrisponde a ciò che tutti ricordiamo che accadde in quei drammatici giorni? A me pare di sì, almeno a grandi linee. Vediamola un po’ più da vicino.
I presunti black block e i fatti di strada: per quanto riguarda i manifestanti (teniamo presente che i processati erano 25 rispetto a centinaia di migliaia) corrisponde al vero che alcuni si lasciarono andare ad atti gratuiti di vandalismo, come succede in molte occasioni, ma in forma più grave. Così come corrisponde al vero che la reazione talora violenta dei manifestanti fu scatenata dal comportamento illegittimo e gratuitamente violento delle forze dell’ordine. Infatti proprio per questo motivo solo alcuni dei 25 sono stati pesantemente condannati, mentre altri, per altri episodi, sono stati assolti. Le tante sentenze sui cosiddetti “fatti di strada” – in genere rubricati sotto “resistenza” – in cui prevalgono nettamente le assoluzioni dei presunti manifestanti aggressori, attestano ulteriormente degli arbitrii e degli arresti pretestuosi compiuti dalle forze dell’ordine.
Bolzaneto: la responsabilità di molte delle forze che avevano in mano la caserma (si tratta di appartenenti a diversi corpi) è stata riconosciuta e sanzionata. Lo stesso vale per quanto riguarda la Diaz. E in ambedue i casi non è stata condannata solo la bassa manovalanza, ma anche i responsabili sul campo. Le condanne non sono state moltissime anche perché la polizia ha sempre boicottato le indagini dei magistrati. Purtuttavia siamo di fronte a una novità del tutto inedita rispetto all’abitudine dell’insabbiamento in casi simili, soprattutto per i gradi alti. Senza volere fare analogie, ma pensiamo che l’indignazione attorno al caso Cucchi ci sarebbe stata se il processo di Bolzaneto non avesse svelato ciò che può accadere quando si è in mano a chi dovrebbe custodirci?
La scuola Diaz: la ricostruzione è stata più complessa perché risultava incomprensibile l’intero episodio. Oggi l’ultima sentenza ci ha detto che l’ordine della mattanza ci fu; i gradi intermedi sapevano ciò che sarebbe accaduto e lo vollero, per “recuperare” quella che loro consideravano la debolezza dimostrata “sul campo” nei due giorni precedenti; e che altri cercarono di occultare le responsabilità.
Non siamo molto lontani da come le cose effettivamente andarono, per il bene (poco) e per il male (moltissimo). Si può dunque essere moderatamente soddisfatti di questo faticosissimo cammino giudiziario. Finora, in genere, in altri casi tutto rimaneva avvolto nella nebbia più profonda. Qua l’abbiamo diradata: a sprazzi e solo in parte, ma le linee accertate sono chiare.
Eppure, ci rimane un senso di insoddisfazione, anche di fronte ad una magistratura che si è espressa ricostruendo almeno parte della verità sui fatti di allora.
Il tempo: il primo motivo di insoddisfazione salta agli occhi: 9 anni sono davvero troppi. Chi si straccia quotidianamente le vesti per la durata dei processi e trova così la scusa per ridurre le garanzie del cittadino imputato dovrebbe riflettere su questa durata record.
I responsabili in alto loco: secondo motivo: non si è indagato sulle responsabilità apicali. Fatti così gravi come la Diaz, Bolzaneto e la tenuta dell’ordine (si fa per dire) in piazza durante il G8 non avvengono senza coinvolgere ora per ora, minuto per minuto chi aveva in mano il potere di indirizzo generale (i ministri competenti, soprattutto Fini, Scajola e Castelli: tutti e tre presenti a Genova in quei giorni e le direzioni ad essi afferenti). Tanto ciò è vero che vi è il forte sospetto che quei vertici, ancora molti anni dopo, abbiano tentato di manipolare i processi genovesi.
Le pene. Duri con gli uni e morbidi con gli altri: stride che nessuno del fronte dell’ordine andrà mai in carcere per ciò che ha fatto (del resto, questo era lo scopo dell’indulto del 2006: creare un paracadute per i poliziotti di Genova), mentre una decina di manifestanti sono stati condannati a pene che di solito si comminano solo per omicidio, mentre, pur ammettendone la responsabilità, non poteva non riconoscersi che si trattava di aggressione a beni materiali e mai a persone e dunque dovevano essere trattati con maggiore equanimità. Oggi, alcuni giovani andranno in galera per molti anni, mentre i rappresentanti delle forze dell’ordine condannati sono ai vertici dei rispettivi corpi di appartenenza e non faranno un giorno in carcere.
Le promozioni: in Italia, si sa, nessuno paga fra i governanti, ma questi hanno fatto una carriera folgorante. Certo, è il segno che questo manipolo di uomini poteva e può – come si dice volgarmente – “tenere per le palle” i propri superiori ed il loro silenzio andava retribuito.
Magistratura e politica: in genere, colpisce come a fronte di una magistratura che faticosamente ma onestamente si è espressa, il mondo della politica (tutto, ricordiamoci le titubanze della sinistra sull’istituzione di una commissione di inchiesta, che infatti non c’è mai stata) ha fatto quadrato attorno ai responsabili delle nefandezze. Ricordiamo che il massimo responsabile di tutto ciò che è accaduto a Genova in quei giorni, l’allora capo della polizia e oggi capo dei servizi segreti De Gennaro è rimasto sempre al suo posto, sia coi governi di destra che con quelli di sinistra. Evidentemente, tanto per usare il termine adoprato sopra, “tiene per le palle” tutti i politici.
Il punto più dolente: nulla è stato chiarito circa la morte di Carlo Giuliani. Non è un caso che si è trattato dell’unico episodio (il più grave) su cui non si è fatto il processo. In questo caso, certamente, vi sono state responsabilità anche della magistratura genovese. Il non avere celebrato un processo sull’assassinio di Carlo costituirà sempre un limite, un vulnus per chi, anche storicamente, vorrà ricostruire quei drammatici giorni genovesi.