REPORT MISSIONE DI OSSERVAZIONE INTERNAZIONALE DYARBAKIR – TURCHIA

 

REPORT

 

MISSIONE DI OSSERVAZIONE INTERNAZIONALE

 

DYARBAKIR – TURCHIA

 

 

 

PROCESSO PER L’UCCISIONE DELL’AVVOCATO TAHIR ELCI

 

UDIENZA DEL 12 GIUGNO 2024

 

 

 

di Ezio Menzione e Alessandro Magoni

componenti dell’Osservatorio Avvocati Minacciati UCPI

e per questa Osservatori Internazionali

 

 

 

 

 

*Così si è espresso il fratello maggiore di Tahir Elci dinnanzi alla Corte nella sua dichiarazione di esordio all’udienza del 12/6/24

 

 

 

PREMESSA

 

L’Osservatorio Avvocati Minacciati di UCPI, con il convinto sostegno della Giunta, ha partecipato, con due suoi componenti (gli avv.ti Ezio Menzione ed Alessandro Magoni) ed insieme ad altre organizzazioni internazionali, all’udienza del 12 giugno 2024 a Diyarbakir – Turchia, per il processo per l’uccisione dell’avvocato Tahir Elci.

 

La presenza era stata sentitamente sollecitata dai colleghi Turchi, perché per il 12 giugno era programmata la discussione finale ed era del tutto probabile l’emissione della sentenza conclusiva del primo grado di giudizio ed era, pertanto, auspicabile una nutrita presenza di osservatori internazionali.

 

Tenuto conto di ciò e dell’impegno sul campo profuso dal nostro Osservatorio sin da pochi mesi dopo l’uccisione del collega Tahir Elci, è stata naturale la decisione di partecipare anche in questa occasione.

 

 

 

L’UDIENZADEL 12 GIUGNO 2024

 

  1. L’uccisione di Elci

 

L’avvocato Tahir Elci, a quell’epoca presidente della Bar Association di Diyarbakir e molto noto e popolare come difensore dei diritti umani in Turchia – spesso a favore dei diritti dei Curdi, ma non solo - viene ucciso “accidentalmente” il 28.11.2015 dalla polizia allorché, nei pressi dello storico Minareto della Quattro Colonne, monumento simbolo della città e dell’identità curda, stava partecipando ad un presidio di denuncia contro le condotte del governo e dell’esercito Turco. Sulla scena comparvero all’improvviso due giovani terroristi che avevano commesso un delitto poco prima, i numerosi poliziotti presenti spararono contro di loro (più di 40 colpi) senza colpirli, ma un colpo invece colpì esattamente alla testa Elci uccidendolo sul posto.

 

 

 

 

  1. Le indagini del PM

 

Sin da subito le indagini risultano caratterizzate da deficienze e lacune e plurimi appaiono i profili di opacità di quanto accaduto.

Ancora, evidente è la mancanza di volontà, delle autorità di polizia e della magistratura, di fare chiarezza su quanto accaduto; soprattutto di indagarne gli aspetti più prettamente politici.

(si rimanda sul punto e per il dettaglio al rapporto redatto dall’avv. Ezio Menzione in occasione della precedente udienza del 6.3.2024 - https://www.camerepenali.it/public/file/Oss_Avv_Minacciati/Missione-Turchia_Diyarbakir_Report.pdf ). Qui basti ricordare che non fu nemmeno effettuato un sopralluogo sulla scena del delitto e non ci fu raccolta di bossoli e/o proiettili per poi effettuare comparazioni con le armi impugnate dai poliziotti. Per anni le indagini non compiono un passo avanti.

 

Solo le ripetute denunce ed il quotidiano impegno dei colleghi dell’ordine degli avvocati di Diyarbakir, insieme alla solidarietà di associazioni e istituzioni forensi europee, consentono di giungere alla celebrazione del processo.

 

  1. Il processo

 

La prima udienza si celebra il 21.10.2020.

Seguono poi altre otto udienze, tra cui la penultima del 6.3.2024.

Ed il processo si caratterizza, sin dall’esordio, per la ferma volontà di impedire ogni attività volta a chiarire sia la dinamica dell’accaduto, che ad individuare le responsabilità dei tre poliziotti imputati di omicidio colposo.

Ancora più forte è la resistenza della corte laddove le richieste delle difese di parte civile sono dirette a toccare i profili politici della vicenda.

(si vd. ancora, per il dettaglio, il report sopra citato, https://www.camerepenali.it/public/file/Oss_Avv_Minacciati/Missione-Turchia_Diyarbakir_Report.pdf ).

 

Esemplificativo di ciò la scelta di non dare ingresso, in alcun modo, ad indagini balistiche, tra cui quella promossa dall’ordine degli avvocati di Diyarbakir e realizzata dalla London Forensic Architecture, che pure era riuscita ad individiuare con esattezza la traiettoria del proiettile che attinse Elci e quindi consentiva di individuare chi avesse sparato il proiettile fatale. Oppure di non esaminare testimoni quale l’allora presidente del consiglio dei ministri Davutoglu, che aveva parlato di un caso “schiettamente politico”.

 

  1. L’andamento dell’udienza del 12

 

Si è così giunti all’udienza del 12 giugno 2024, per la quale era prevista la pronuncia della sentenza.

Sentenza il cui esito assolutorio era, per tutti, scontato.

E così, purtroppo, è stato.

 

Eppure l’udienza, per gli interventi dei colleghi difensori di parte civile e dei presidenti delle Bar Association di numerose città turche, per la presenza di un folto pubblico, ma anche, contraddittoriamente, per la sciatteria dell’intervento del Pubblico Ministero e per l’assenza, o meglio, inesistenza (!!) delle difese degli imputati, si è rilevata assai istruttiva delle compromesse condizioni dello stato di diritto in Turchia.

 

  1. La presenza degli Osservatori Internazionali

 

L’udienza è chiamata alle ore 10,00.

Fuori dal tribunale ci ritroviamo insieme agli altri osservatori internazionali.

 

 

 

 

 

 

L’ingresso, dove viene ad accoglierci un collega di Diyarbakir e componente il collegio di difesa delle parti civili, è agevole, diversamente dalle precedenti occasioni, allorché tempi e modi erano stati differenti.

Del resto, seppur presenti in forze sia fuori che all’interno del palazzo di giustizia, anche l’atteggiamento della polizia risulta meno duro e pressante che in passato.

Significativa la presenza, poi e solo all’esterno del palazzo, della stampa.

 

Una volta all’interno ci dirigiamo rapidamente verso l’aula d’udienza, che è particolarmente grande e già affollata.

Nella zona riservata al pubblico ci sono circa 200/300 persone, molte delle quali avvocati, che vestono la toga; altri sono studenti di giurisprudenza, ancora attivisti di varie associazioni e alcuni parlamentari dell’opposizione.

 

Veniamo fatti accomodare dietro i banchi della difesa di parte civile ed indossiamo la toga.

Destiamo sicura attenzione e curiosità.

Molti sono conosciuti per le pregresse esperienze.

Calorosi i saluti, i ringraziamenti e le manifestazioni di apprezzamento per la nostra presenza.

Un elenco con nomi ed ente di appartenenza è allegato al verbale di udienza.

Il senso di far parte di una comunità è forte.

 

  1. La discussione

 

Gli imputati non sono presenti in aula, ma sono collegati da remoto, anche se le immagini, proiettate su alcuni schermi, sono però poco chiare.

Spesso non inquadrano alcuno.

I difensori degli imputati non sono in aula.

Dovrebbero essere con i loro assistiti. Dovrebbero, perché dalle immagini non si riesce a capire se siano o meno presenti a fianco dei loro assistiti (!).

 

Interviene il pubblico ministero, con un intervento di pochissimi minuti e le cui conclusioni erano state in precedenza depositate per iscritto.

La richiesta è di assoluzione non essendo stato provato chi abbia sparato.

 

Seguono gli interventi delle difese di parte civile (moglie e gli altri famigliari dell’avvocato Elci; Bar Association di Diyarbakir; Bar AssociationNazionale).

Gli interventi sono circa una decina.

Tutti evidenziano le gravi lacune nelle indagini, la mancanza di imparzialità ed indipendenza della corte ed i profili politici dell’omicidio.

Particolare attenzione è dedicata anche all’analisi dei singoli elementi di prova raccolti ed alle molteplici questioni giuridiche, tra cui le numerose violazioni della convenzione EDU.

E’ evidente che il caso è affrontato e costruito nella prospettiva di un ricorso in tale sede.

Negli interventi emerge con forza la statura dell’avvocato Elci.

 

Un secondo gruppo di interventi è costituito dai rappresentanti dei consigli dell’ordine di ben 35 città turche.

Gli interventi risultano particolarmente forti.

La denuncia delle violazioni dello stato di diritto è ripetuta.

Numerosi anche i riferimenti alla nostra presenza.

Molti accusano senza mezzi termini la corte di mancanza di indipendenza e descrivono l’esito del processo, ovvero l’imminente sentenza, come scontata.

Sia gli interventi deli patroni di parte civile che quelli di “appoggio” sono consapevoli della difficoltà di individuare se e quale dei tre poliziotti imputati abbia sparato il colpo mortale: nessuna indagine è stata compiuta né dal PM (anzi, dai molti PM che si sono succeduti nel tempo come titolari dell’inchiesta) né dalla corte in sede dibattimentale. Si noti, per inciso, che in Turchia vige un codice sostanzialmente inquisitorio, che lascia libero il tribunale di accettare tutte le richieste di prove, ma anche di disporne autonomamente. I collegi turchi e curdi sono dunque ben consapevoli della situazione deficitaria quanto alle prove dell’individuazione del colpevole, ma non si tirano indietro e non si limitano alla denuncia delle indagini mai fatte da nessuno. In particolare, una valida collega curda di Diyarbakir, che avevamo già notato come moplto attenta alle questioni giuridiche poste dal caso, avanza una ricostruzione del fatto in chiave di colpa cosciente: quando si sparano più di 40 colpi in pochi secondi in un area molto ristretta si deve mettere nel conto che uno o più colpi possano attingere anche un “estraneo”. Insomma, un compendio che ha della “colpa cosciente” e forse addirittura del “dolo eventuale” (ambedue gli istituti sono conosciuti dal codice penale sostanziale turco. Noi possiamo certo criticare (e qui da noi lo facciamo) posizioni che vogliono valorizzare istituti così ambigui come il dolo eventuale, ma ci sembra lecito (e così si è espressa la brillante collega curda) utilizzarli quando si è di fronte ad una pertinace e ostentata volontà di chiudere gli occhi per motivi politici sulla responsabilità di chi ha commesso un delitto, anche se si tratta di componente delle forze dell’ordine.

 

Al termine dell’ultimo intervento (conclusosi con la dichiarazione di un autorevole collega che ha apostrofato la Corte dicendo: “Voi non siete né autonomi né indipendenti”), ed era ormai pomeriggio, come a non voler assistere oltre allo scempio del diritto, tutti gli avvocati intervenuti, le parti ed il pubblico decidono di uscire dall’aula, accompagnati solo da un applauso.

 

L’emozione è forte, come il nostro stupore.

 

Seguono momenti di tensione: la polizia ha forse spintonato qualcuno o ha sorpreso qualcuno a filmare; un deputato dell’opposizione protesta fortemente; anche un’avvocata protesta vibratamente; entrano in aula numerosi poliziotti, molti dei quali in borghese; sembra vogliano identificare o fermare qualcuno.

A fatica pubblico ed avvocati riprendono ad uscire e l’udienza è sospesa.

Fuori dal tribunale gli avvocati si radunano in una sorta di assemblea.

Gli Osservatori Internazionali, e noi in modo particolarmente convinto, decidono che il loro ruolo gli impone di rimanere in aula per “osservare” appunto il comportamento della corte. Uguale decisione prendono anche i componenti (2) di Human Rights Watch Turkey.

 

 

  1. La conclusione

 

Al termine della pausa decidono di non rientrare, mentre noi riguadagnamo l’aula.

 

Aula che, tranne la polizia, i tre giudici, alcuni cancellieri e trascrittori e noi osservatori è ormai vuota.

 

Prendono la parola gli imputati per pochi secondi ciascuno. E’ tutto rapidissimo.

Si capisce a fatica che chiedono di essere assolti o che si proclamano innocenti.

Anche in questa occasione non si vedono i loro difensori, che quindi non possiamo dire se fossero presenti a fianco degli assistiti (!!).

 

La corte si ritira prendendosi non più di una mezz’ora.

Ed al rientro e in un’aula sempre pressoché vuota, pronuncia la sentenza di assoluzione.

 

Nel frattempo i colleghi turchi hanno deciso di allontanarsi dal tribunale per recarsi, ancora una volta, sul luogo dell’uccisione di Tahir Elci.

Ed al Minareto della Quattro Colonne lo ricordano nuovamente, rinnovando il loro impegno, servissero anche altri nove anni, per giungere alla verità e ad una sentenza giusta.

 

 

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

 

I due Osservatori Internazionali ringraziano qui l’Unione delle Camere Penali e per essa la sua Giunta, che ha reso possibile questa esperienza molto ricca, ancorché conclusasi, per ora, con esito negativo. Staremo poi a vedere negli altri gradi di giudizio e poi di fronte alla Corte EDU. In particolare ringraziano la collega Giulia Bocassi, responsabile per la Giunta dell’Osservatorio Avvocati Minacciati e il collega Nicola Canestrini, coresponsabile dell’Osservatorio stesso. Ma un ringraziamento caloroso e affettuoso va ai molti colleghi turchi e curdi che si sono mossi all’interno del processo, pazienti nello spiegare a noi ogni fase e momento di questo processo, che è stato senz’altro un dramma, dopo la tragedia dell’assassinio di Elci: a loro va un nostro commosso abbraccio; nonché alla vedova di Tahir Elci, che oggi siede nel Parlamento turco, donna tutt’altro che piegata dal dramma occorsole.