DENUNCIATO L’EX PROCURATORE CAPO CASELLI: PERCHE’?
Martedì 29 aprile un nostro collega, avvocato del Foro di Torino, ha presentato alla Procura di Milano (competente in quanto l’indagato è un magistrato di Torino) una denuncia nei confronti del dott. Giancarlo Caselli per i reati di abuso d’ufficio e peculato d’uso.
Il dott. Caselli, rivestendo la carica di Procuratore Capo della Repubblica di Torino, prima che fosse aperto alcun fascicolo, ha incaricato la DIGOS di svolgere indagini su alcune frasi postate dal nostro collega sul proprio account facebook, anche al fine di identificarlo.
Sulla base di tali indagini (che la Procura di Torino non poteva richiedere, essendo competente la magistratura milanese) il dr. Caselli ha presentato querela per diffamazione, ritenendo che il suo onore fosse stato oltraggiato da frasi ironiche, molte delle quali neppure indirizzate a lui e comunque manifestazione di libera espressione del pensiero.
Nel fascicolo relativo al reato di diffamazione a carico dell’avvocato torinese era contenuta la documentazione che ha permesso di accertare che il dott. Caselli ha utilizzato un apparato dello stato perché conducesse indagini (come fosse un’agenzia investigativa privata) per il suo privato interesse, in quanto dirette ad indagare su di un soggetto che egli intendeva querelare per aver offeso il suo onore.
Si tratterebbe di uno tra i tanti casi in cui un pubblico funzionario viene perseguito per l’utilizzo privato di beni pubblici (come ad esempio per l’utilizzo personale del telefono d’ufficio) se il nostro collega non fosse un avvocato impegnato nelle lotte sociali e nel movimento no-tav e se il funzionario in questione non fosse l’ex capo di quella Procura che sta conducendo indagini e processi contro il movimento no-tav con le modalità che tutti conoscono, da lui ispirate.
Per quel che più ci attiene, in quanto avvocati, riteniamo che la conduzione dei processi in corso a Torino per fatti avvenuti nel corso delle mobilitazioni contro il TAV Torino-Lione non dia piena garanzia ai diritti della difesa degli imputati.
Si è scelto di drammatizzare la situazione e criminalizzare il diritto di manifestare, con la celebrazione dei processi nell’aula bunker, le imputazioni di terrorismo e la sottoposizione a regime carcerario speciale per gli imputati di questo processo, l‘utilizzazione del sistema di videoconferenza; un clima da “anni di piombo” artificioso e tendente ad accreditare la figura dell’oppositore politico come un nemico dello stato, verso il quale applicare un diverso diritto penale, il diritto penale del nemico.
In questo clima la scoperta che il Procuratore capo ha utilizzato per scopi privati le risorse degli uffici pubblici che conducono anche le indagini su eventuali reati nell’ambito delle lotte del Movimento no-tav, non può che far aumentare l’inquietudine nostra e di tutti i cittadini democratici sull’effettiva possibilità che i processi si tengano in un clima esente da condizionamenti esterni e che venga tutelata la terzietà del Giudice.
Nella stessa Torino si sta svolgendo un processo a carico di un altro nostro collega, in seguito a querela di un sostituto Procuratore della Repubblica che si è ritenuto diffamato dalle critiche a lui portate in merito alla conduzione delle indagini che hanno condotto all’archiviazione del procedimento per l’omicidio di Carlo Giuliani.
Pur se i due processi non sono direttamente collegati, è impossibile non rilevare che in entrambi i casi viene attaccata, oltre alla la libertà d’opinione, la figura professionale di colleghi che si battono dentro e fuori le aule giudiziarie per la tutela e lo sviluppo dei diritti fondamentali, e segnatamente perché mai vengano meno le garanzie defensionali che la Costituzione e la normativa internazionale giustamente considerano presidio indeflettibile di democrazia.
Ai due colleghi la massima solidarietà e vicinanza.
Milano, 8/5/2014