GENOVA DOPO 16 ANNI
SU GENOVA 2001
Mancano pochi giorni al 16° anniversario del G8 di Genova del 2001 dove si è consumata una delle pagine più nere della storia italiana dal secondo dopoguerra, che ha visto l’assassinio - rimasto impunito - di Carlo Giuliani, le cariche indiscriminate e selvagge contro i manifestanti durante i cortei, i pestaggi in strada di persone inermi, la mattanza avvenuta nella scuola Diaz e la tortura sistematica alla quale sono stati sottoposti per giorni gli arrestati nella caserma Bolzaneto, degna di un regime dittatoriale.
Vogliamo tornare a prendere la parola per tentare una valutazione complessiva dell’intera vicenda di Genova 2001, anche alla luce dei recenti lavori parlamentari per l’introduzione del reato di tortura.
Sono passati 16 anni, i vertici dello stato sono stati assolti, prosciolti per intervenuta prescrizione dei reati, se non promossi con avanzamenti di carriera. Intanto i motivi che avevano portato in piazza centinaia di migliaia di persone sono scomparsi sotto il sangue che ha imbrattato le strade di Genova; i motivi che avevano determinato quella brutale repressione, i motivi profondi di quelle modalità di gestione dell’ordine pubblico, quello che tra i vertici delle forze dell’ordine e i responsabili politici di quelle giornate era stato detto e deciso restano ignoti, non solo quanto alla verità processuale, ma anche quanto alla verità storica.
E, intanto, Carlo non ce lo dà indietro nessuno..
16 anni di processi, udienze e ricorsi fino alla Corte Europea, che ha condannato già in 2 sentenze l’Italia per aver praticato atti di tortura nella scuola Diaz e perché inadempiente all’obbligo di introdurre nel proprio codice penale il reato di tortura come previsto dalla Convenzione contro la tortura che anche l’Italia ha sottoscritto alle Nazioni unite nel lontano 1988.
Peraltro lo stesso Stato italiano ha ammesso pubblicamente - nella decisione del 6 aprile 2017 innanzi alla Corte Europea, emessa a seguito di un procedimento transattivo - le proprie responsabilità nella violazione dei diritti umani e nelle torture inflitte in quei giorni nella caserma di Bolzaneto, riconoscendo la mancanza del reato di tortura nell’ordinamento penale ed impegnandosi per colmarla.
Tuttavia, con l’approvazione del testo del disegno di legge sulla istituzione del reato di tortura, con varie modifiche, il legislatore pare aver effettuato un abile lavoro di sartoria, cucendo infine, e non certo casualmente, un abito troppo stretto, che ben difficilmente potrà essere indossato. Così il crimine di tortura è configurato come reato comune e non proprio del pubblico ufficiale: laddove la Convenzione disegna il reato di tortura come reato del pubblico ufficiale o comunque di chi agisca a titolo ufficiale o su istigazione o con il consenso delle autorità, nell’attuale testo il reato può essere commesso da chiunque, e la qualifica di pubblico ufficiale dell’agente è una mera aggravante (facilmente vincibile nel gioco del bilanciamento); ancora, la tortura è riconosciuta solo se “violenze”, “minacce” e “condotte” sono plurime (mentre nelle legislazioni di tutto il mondo, e nella convenzione, si usa il singolare); la tortura psicologica – la più diffusa – è tale solo se “il trauma psichico è verificabile” e quindi sottoposto a incerte e parziali valutazioni; la possibilità di prescrizione permane mentre le Convenzioni internazionali e la Corte di Strasburgo richiedono l’imprescrittibilità del reato; inoltre non è previsto alcun fondo per il sostegno delle vittime, altro obbligo disatteso; e infine non è prevista la sospensione e la rimozione dei pubblici ufficiali giudicati colpevoli di tortura e trattamenti inumani e degradanti, anche questa un’ulteriore mancanza di rispetto agli obblighi internazionalmente assunti.
Anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, è intervenuto sulla questione chiedendo ai parlamentari italiani di cambiare il testo in tutti i suoi elementi chiave per superare le criticità e adeguare la norma agli standards internazionali.
Noi, che a Genova c’eravamo e siamo stati testimoni delle torture inflitte ai nostri assistiti e assistite (fino a subirne personalmente), in questi lunghi 16 anni ci siamo battuti nelle aule giudiziarie perché quelle violenze venissero riconosciute come “torture” e perchè simili ingiustizie e soprusi non si possano ripetere nel futuro…in nessuna piazza, in nessun commissariato, in nessun centro di detenzione per migranti, in nessun carcere.
Conosciamo purtroppo troppo bene come avvocati la tortura, anche in Italia, per poter accettare ed osannare questo il testo della nuova legge; per questo motivo continueremo a lottare perché possa esserci in Italia una vera legge che punisca il reato di tortura, non potendoci certo accontentare dell’introduzione di una norma che formalmente metterà lo Stato italiano al riparo da accuse di inadempienze agli obblighi assunti a livello internazionale ma che di fatto sarà inapplicabile e continuerà a garantire l’impunità per i colpevoli.
LEGAL TEAM ITALIA - 6/7/2017