Liberazione - articolo sul convegno di Napoli 19/3/2011
Checchino Antonini
Napoli - nostro inviato
La notizia che i caccia francesi siano già sui cieli della Libia piomba - e ne accresce l'attualità - sul convegno del Legal team Italia (gli avvocati riconoscibili dalla pettorina giallo-nera durante le manifestazioni) incentrato sulla relazione tra repressione nelle piazze e riscrittura dei rapporti di forza nei luoghi di lavoro
Checchino Antonini
Napoli - nostro inviato
La notizia che i caccia francesi siano già sui cieli della Libia piomba - e ne accresce l'attualità - sul convegno del Legal team Italia (gli avvocati riconoscibili dalla pettorina giallo-nera durante le manifestazioni) incentrato sulla relazione tra repressione nelle piazze e riscrittura dei rapporti di forza nei luoghi di lavoro. Le prove generali del salto di qualità nella gestione dell'ordine pubblico avvennero a pochi minuti da Castel dell'Ovo, location del convegno, giusto dieci anni fa. Il 17 marzo del 2001, per la prima volta, una manifestazione di massa venne caricata ferocemente dopo essere stata privata di una via di fuga. New entry, sulla scena del crimine, le fiamme oro accanto alle divise di polizia e carabinieri. Altra terrificante novità fu la caccia all'uomo negli ospedali e il rapimento (così stabilirà un tribunale nove anni dopo) di decine di feriti. Un'«attrezzeria» dispiegata a Genova qualche mese dopo e che da allora è stata perfezionata - lo ha delineato nella relazione introduttiva l'avvocato Ezio Menzione - nella dilatazione delle zone rosse intorno alle discariche, alle scuole, alle tendopoli dei terremotati aquilani. Una compressione dei diritti che trovò nuova linfa dopo l'11 settembre ma che è legata alla gigantesca riscrittura dei rapporti sociali che va sotto il nome di globalizzazione liberista.
Sul piano strettamente giuridico, la tendenza denunciata dal Legal team è quella per cui la «legge è sempre meno uguale per tutti». Le nuove aggravanti di clandestinità e di recidiva reiterata, infatti, segnano come il rischio di privazione della libertà sia incredibilmente più concreto per chi si trovi in posizioni marginali rispetto alla cittadinanza - gli stranieri - o alla collocazione sociale: i tossici, gli ultras, gli antagonisti. «La piazza è un luogo complicato - ha avvertito Livio Pepino, ex segretario di Magistratura democratica - ma negli ultimi anni è sfumato il confine tra le tipologie delle manifestazioni, dei moti di piazza, del riot». La mutazione nella gestione dell'ordine pubblico ha preso le mosse nella stagione della "tolleranza zero", che ha avuto ricadute nell'abbassamento del livello delle violazioni tollerate e ha fatto saltare la consuetudine della gestione concordata della piazza. Frutto avvelenato di quella stagione, ha segnalato Liana Nesta, avvocato di parte civile per la mattanza di Piazza Municipio, è anche l'«immunità funzionale», l'impunità, pretesa dagli operatori di polizia.
Nei dieci anni presi in esame, le novità giuridiche, come la propensione crescente dei pm a farsi strumento delle polizie, hanno preso le mosse comunque da vecchi arnesi come il Codice Rocco di epoca fascista, cuciti su misura per perseguitare gli attori del conflitto sociale. Un esempio per tutti, quel reato di cospirazione appiccicato agli imputati del Sud Ribelle, fa presente la loro legale Simonetta Crisci. Quegli arnesi, spesso, sono così obsoleti da non condurre in galera, perché «i cattivi pensieri non si possono punire», ha detto Sergio Moccia, professore alla Federico II, ma «la vera pena - ha aggiunto - è il lunghissimo processo che attende gli inquisiti». «Dai processi di Genova «è emerso anche che, per le forze dell'ordine, guerra e ordine pubblico sono la stessa cosa», ha spiegato Haidi Giuliani, la mamma di Carlo, ucciso a Genova da uno dei carabinieri che avevano aggredito un corteo regolarmente autorizzato. Da allora Haidi non smette di reclamare un processo, di mettere in collegamento le vittime dell'ordine pubblico e di denunciare come la repressione sia indice della debolezza della democrazia.
Le cifre - sedicimila denunciati e seimila rinviati a giudizio per reati legati al conflitto - rivelano la dimensione della repressione sperimentata in primo luogo sugli ultras del calcio. La composizione della popolazione carceraria e la mole dei morti dietro le sbarre, i ripetuti casi di malapolizia (Cucchi, Aldrovandi, Uva ecc…) pongono l'urgenza di «una nuova stagione di garantismo», ha suggerito Italo Di Sabato che cura l'Osservatorio repressione del Prc.
«Ma perché, è legale il ricatto di Pomigliano?», si domanda Antonio Di Luca della Fiom, testimoniando la solitudine dei lavoratori nel deserto politico della post-democrazia. E' il lavoro ai tempi dello «stato terminale del diritto del lavoro». La storia degli ultimi dieci anni - descritta da un'avvocata del lavoro, Marina Paparo, e da una docente precaria dell'Unical, Antonella Durante - è anche la storia di come, dal pacchetto Treu al Libro bianco di Maroni fino al collegato lavoro e all'attacco frontale al contratto collettivo nazionale si sia prodotta una mutazione genetica del giuslavorismo, con il medesimo autoritarismo esibito in ordine pubblico.
Le radici dell'attacco risalgono sia alla sconfitta dell'80 alla Fiat sia alla concertazione del '93, che introdusse le prime deroghe al ccnl su cui Marchionne ha potuto scardinare Pomigliano e Mirafiori. Nel mirino c'è sempre il conflitto sociale, che poi è lo stesso obiettivo del sistema elettorale bipolare. Anche la choc-economy, testata a L'Aquila e nell'emergenza rifiuti napoletana, tende a sperimentare il governo autoritario del territorio per imporre interessi forti e la privatizzazione dei beni comuni. «E' ora di uscire dall'emergenza visto che non serve a risolvere le emergenze», ha spiegato, concludendo, Gilberto Pagani, presidente del Legal team (che pubblicherà i materiali sul suo sito), rimandando al prossimo appuntamento genovese per una riflessione internazionale da cui, finalmente, escano appunti per una piattaforma.
Convegno Napoli 19 marzo 2011
2001-2011: DIECI ANNI DI POLITICHE DELL’ORDINE PUBBLICO E DEL CONTROLLO SOCIALE
NAPOLI 19 marzo 2011 - Castel dell’Ovo
il manifesto - articolo sul convegno di Napoli 19/3/2011
Domenica 20 Marzo 2011
LA VIGILIA DEL G8 DI GENOVA Un convegno per ricordare i fatti
del 17 marzo 2001 a Napoli e quello che ne è seguito: le tecniche di
repressione sperimentate con gli ultras e applicate ai movimenti,
le zone rosse, l'assenza del reato di tortura, le legislazioni speciali
per controllare le rivolte contro le discariche e gestire il
dopo-terremoto a L'Aquila. In 10 anni, 16 mila attivisti denunciati e
6 mila rinviati a giudizio per le lotte sociali
NAPOLI - Il 17 marzo a Napoli non si ricorda l'unità d'Italia ma il Global forum del 2001, almeno
nell'area che si riconosce nelle lotte politiche e sociali. Quel pomeriggio, cioè, che anticipò il G8
di Genova sul piano della repressione violenta del dissenso. Ieri un convegno organizzato dal
Legal team Italia proprio a Napoli ha ripercorso l'ultimo decennio di politiche e legislazioni
speciali come pratiche riproposte poi, di volta in volta, sui territori in rivolta contro le discariche,
la Tav fino a L'Aquila del post terremoto. Dalla gestione delle manifestazioni in piazza, quindi, si
è passati alle proteste per il lavoro, alle comunità, il controllo sociale diventato un problema di
ordine pubblico.
È Livio Pepino, direttore di Quale Giustizia, a spiegare come molti dispositivi utilizzati dal 2001
in avanti siano stati sperimentati negli anni sulle tifoserie calcistiche, gruppi che non sollevano
particolari simpatie e quindi facilmente isolabili, dall'arresto in flagranza differita fino al daspo,
che a dicembre scorso si è proposto di estendere alle manifestazioni politiche. Soprattutto, il
reato di devastazione: «In Italia - spiega Pepino - era stato utilizzato quasi esclusivamente per i
terroristi altoatesini che mettevano le bombe ai tralicci, per le rivolte carcerarie e, naturalmente,
per gli hooligan». La gestione concordata della piazza è terminata quando è cominciata la
politica delle zone rosse: «Dal '46 al '77 - ricorda ancora - sono stati 142 i morti durante i cortei.
Dal '77 al 2001, cioè da Giorgiana Masi a Carlo Giuliani, non era più accaduto». A Genova è
successo qualcosa di diverso, che aveva avuto un suo precedente a marzo a Napoli, sotto un
governo di differente colore politico ma con la stessa gestione dell'ordine pubblico.
Piazza Municipio ridotta a una tonnara con, per la prima volta dopo decenni, anche carabinieri e
guardia di finanza a gestire la repressione, feroce. Nessun varco per scappare, manifestanti
colpiti con manganelli fuori ordinanza, inseguiti fin dentro il pronto soccorso degli ospedali. Il
processo terminato con la condanna in primo grado per sequestro di persona aggravato per i
funzionari, non tutti, una parte delle colpe sanate dalla prescrizione: «Perché l'Italia - ricorda
l'avvocato Liana Nesta - non ha recepito il reato di tortura. Portati nella caserma Raniero senza
conoscere l'imputazione, senza poter parlare con un legale, identificati e sottoposti ad angherie.
Tra i condannati in primo grado il vicequestore Fabio Ciccimarra, che metterà poi la molotov
nella Diaz a Genova».
E poi la ritorsione dello stato, perché quello che è successo nella città ligure è successo sotto
obiettivi e telecamere di giovani, reporter e mediattivisti, le bugie smascherate anche grazie a
una segreteria legale che ha fornito supporto tecnico nei diversi procedimenti. E allora arrivano
nel 2002 i processi di Cosenza e Taranto, dove si teorizza che un gruppo di sovversivi, dai
docenti agli operai, hanno cospirato da sud contro lo stato prima e durante i fatti di Genova:
«Hanno tirato - spiega l'avvocato Simonetta Crisci - fuori dal cassetto il reato di cospirazione,
un'accusa sufficientemente vaga da poter colpire chiunque, un arnese che ha funzionato dal
fascismo a oggi. I giornali, esibiti in aula, raccontavano dei Ros del generale Ganzer che
giravano le procure proponendo l'inchiesta, lo stesso accusato di traffico d'armi e droga. Di uno
degli accusati, Francesco Cirillo, avevano fatto la copia delle chiavi di casa per installare delle
cimici, dopo ogni incursione se le tenevano invece di riconsegnarle al pm, così entravano e
uscivano quando volevano». Un'accusa basata non su prove ma interpretazioni di
conversazioni, già bocciata due volte, ma portata lo stesso in appello.
In dieci anni, sono 16mila le persone denunciate, seimila rinviate a giudizio, per fatti che
riguardano le lotte sociali ricorda Italo di Sabato, dell'Osservatorio sulla repressione. Nel 2009 a
Teramo 39 ragazzi sono finiti nelle maglie della giustizia dopo uno scontro con Forza nuova e la
rottura di una vetrina, di cui 22 solo per aver esposto allo stadio uno striscione di solidarietà:
«La legalità come dichiarazione di guerra contro i poveri cristi». Napoli, Genova e poi le Torri
gemelle con la lotta planetaria al terrorismo che, dagli Usa all'Europa, impone la compressione
dei diritti civili, così spiega l'avvocato Ezio Menzione si arriva ad accettare come normali le
retate a tappeto, le zone off limits, gli arresti fuori flagranza, i controlli alle frontiere fino ai pastori
sardi bloccati a Civitavecchia per non farli arrivare a manifestare a Roma. Fino alle discariche
dichiarate zone militari, con le aggravanti per gli arrestati nelle vicinanze, aggravanti anche per
chi colpisce un agente di pubblica sicurezza, cose che capitano in una manifestazione, oppure
si fanno capitare.
Comunicato AED sugli avvenimenti in Tunisia
AED – Avvocati Europei Democratici – www.aed-edl.net
Comunicato sugli avvenimenti in Tunisia
L'AED saluta con soddisfazione la determinazione del popolo tunisino nel mettere fine alla dittatura de facto che per decenni ha compiuto gravi violazioni dei diritti umani e impedito una reale partecipazione democratica.
L'AED esprime riconoscenza e solidarietà al collettivo di avvocati tunisini che ha subito anni di repressione e di difficoltà nell'esercizio del diritto alla difesa a causa della sua partecipazione alle mobilitazioni popolari. L’AED ha dimostrato da anni la propria inquietudine per questa situazione, con seminari, manifestazioni davanti alle ambasciate e comunicati…
L'AED invita tutti i governi, soprattutto quelli dell'Unione Europea, a mettere a disposizione delle future autorità democratiche tunisine tutti gli strumenti di cooperazione giuridica internazionale per sanzionare le responsabilità delle precedenti autorità per le violazioni dei diritti umani e favorire il ritorno in Tunisia dei fondi che queste autorità avessero illegalmente acquisito attraverso la corruzione e la spoliazione del paese e che sono stati trasferiti all'estero.
Amsterdam, 29 gennaio 2011